Nel mio apiario ho delle arnie didattiche auto-costruite —in particolare, per la mia curiosità di poter vedere le api al lavoro da angoli e in tempi che solitamente non sono permessi agli apicoltori. La caratteristica comune a questi nidi è che una volta inserite le api, l’apicoltore non può più interferire, salvo la possibilità di effettuare trattamenti e di nutrire le api. Le modalità di costruzione dei favi, la loro estensione, e il controllo della popolazione è lasciata interamente alle scelte delle api.
Il primo nido è l’albero delle api: installato nella primavera 2014, dovrà presto essere smontato (primavera 2017) per evitare il rischio che prendano piede malattre che possono insorgere a partire dai vecchi favi (le pesti europea e americana, in particolare).
Il secondo consiste in un esagono di plexiglas, completamente trasparente ma ricoperto all’esterno da una struttura mobile in materiale isolante, per restituire il naturale buio del nido e per evitare che la cera si sciolga d’estate e che le api siano sottoposte a freddo eccessivo d’inverno.
Del secondo nido ho due versioni, una piccola (abitata dal 16 maggio 2017) e una più grande, in attesa di uno sciame.
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