L’uso di polline in inverno

L’uso di polline in inverno

Durante l’inverno il metabolismo proteico è generalmente ridotto; tuttavia le api consumano del polline. In uno studio effettuato tra il 1945 e il 1954, Edward P. Jeffree ( Winter Brood and pollen in honeybee colonies, Insectes Sociaux, September 1956, Volume 3, Issue 3, pp 417–422; la parte sulla covata è discussa in Covata invernale in clima temperato (1)) ha misurato le scorte invernali di polline in colonie allevate ad Aberdeen (Scozia). Su un totale di 367 colonie esaminate, Jafree ha trovato che ogni colonia in media ha conservati 23 pollici quadrati di celle con polline (= poco meno di 150 cm2, equivalenti a circa 85 g di polline). Jeffree ne ha concluso che il quantitativo minimo presente lascia pensare che le api svernino praticamente senza usare polline e che si nutrano essenzialmente di miele. Un processo, questo, che deve essere il risultato della selezione naturale. Tra i mieli con relativamente alto contenuto proteico c’è quello del Brugo (Calluna vulgaris), che contiene il 2-3% di colloidi e che quindi in parte può essere un sostituto del polline.

Il tema è stato ripreso più recentemente da Crailshelm e altri, che hanno esaminato l’uso di polline da parte di colonie senza covata invernale in relazione alla posizione delle api nel glomere (K. Crailsheim, N. Hrassnigg, R. Gmeinbauer, M.J. Szolderits, L.H.W. Schneider, U. Brosch, Pollen utilization in non-breeding honeybees in winter,  Journal of Insect Physiology Vol. 39: 5, maggio 1993, pp. 369-373).

Per 2 settimane durante l’inverno i ricercatori hanno esaminato la circolazione delle api nel glomere: all’inizio dello studio hanno marcato con due colori diversi 200 api prelevate dal telaino più freddo e altre 200 prelevate dal favo più caldo, dunque rispettivamente alla periferia e al centro del glomere. Per 14 giorni hanno aperto l’arnia tutti i giorni, verificando la posizione delle api colorate. Ne è risultato un totale rimescolamento, che suggerisce che le api non hanno una posizione predeterminata nel glomere ma si spostano.

Alla fine del periodo i ricercatori hanno prelevato alcune api dal telaino periferico e dal telaino centrale, assicurandosi che le prime fossero immobili e le seconde mobili, non solo nell’arnia controllata quasi giornalmente ma anche in un’arnia lasciata intatta fino a quel momento. Di queste api hanno analizzato il contenuto della sacca melaria + il primo tratto dell’intestino, e, separatamente, il contenuto del tratto finale dell’intestino. In questo periodo la temperatura esterna non ha permesso voli di purificazione, così che l’intestino conteneva almeno i resti del cibo accumulatosi negli ultimi 19 giorni (anche se, al momento dei controlli giornalieri, qualche ape dell’arnia controllata ha comunque approfittato del disturbo per svuotarsi).

Il risultato è che l’intestino contiene del polline: le specie identificate sono quelle che fioriscono alla fine della stagione (ma anche parecchio castagno); il quantitativo presente nell’intestino è molto minore rispetto a quello trovato in estate, ma è digerito molto meglio, come indicato dal grado di frantumazione e di contenuto proteico di ciò che resta dei grani di polline. Come termine di confronto si è potuto usare il polline di castagno, che era stato trovato e misurato nell’intestino delle api estive. Tra le api provenienti dal centro del glomere e quelle della periferia non c’era nessuna differenza significativa.

La conclusione di Crailsheim e coautori conferma essenzialmente quella di Jaffree: il consumo di polline è minimo; quando le api non hanno covata, il loro fabbisogno è molto basso, quel poco che mangiano viene utilizzato meglio, in modo che possa restare una scorta di polline per la covata di fine inverno.

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