temperature esterne e termoregolazione del glomere: analisi termografica

temperature esterne e termoregolazione del glomere: analisi termografica

Da quando sono disponibili tecniche di registrazione di immagini termiche è possibile studiare non solo cosa accade in generale entro il glomere, per esempio registrando le temperature nelle diverse zone del glomere, ma anche di misurare il contributo di ciascuna ape al risultato complessivo. Questo è esattamente quanto si prongono E. K. Eskov e V.A. Toboev in uno studio intitolato Seasonal Dynamics of Thermal Processes in Aggregations of Wintering Honey Bees (Apis mellifera, Hymenoptera, Apidae) (Entomological Review, 2011, Vol. 91, No. 3, pp. 354–359).

Lo studio è stato condotto su colonie con un numero di api varianti fra 10 e 20’000, lasciate all’aperto in arnie di policarbonato con pareti rimovibili in modo che le api fossero sensibili alle variazioni della temperatura, umidità, illuminazione esterni. Sono state impiegate fotocamere ad alta risoluzione per quanto riguarda la determinazione sia della temperatura che della posizione, in modo da poter riconoscere ciascuna ape nel glomere e determinare la distribuzione dei flussi di calore. I telaini sono stati montati in modo da poter essere aperti come le pagine di un libro, saparati da un sottile foglio di polietilene che permetteva di isolare le api dall’influenza diretta dell’ambiente e di non farle cadere al momento della separazione dei telai per riprendere le immagini termiche.

Una prima osservazione fatta dagli autori è che all’inizio del periodo invernale (novembre e dicembre) le fluttuazioni della temperatura della parte centrale del glomere sono più sensibili alle variazioni della temperatura esterna (oscillazioni fino a 2.7 gradi attorno alla media in risposta a cambiamenti della temperatura esterna), mentre a febbraio e marzo la temperatura nel glomere tende ad essere più stabile, indipendentemente da quanto succede fuori (oscillazioni tra 1° e 1.6° attorno alla media). Le api reagiscono a diminuzioni della temperatura esterna compattando il glomere, in modo da ridurre la superficie a contatto con l’aria fredda e accrescere il potere isolante del manto esterno del glomere. All’interno del glomere, più fa freddo fuori e più si riscalda. Le colonie più piccole hanno oscillazioni più ampie, specialmente nella prima parte dell’inverno. Le colonie più forti nella seconda metà dell’inverno mantengono una temperatura praticamente costante, anche se le variazioni esterne sono molto marcate.

Quando la temperatura esterna si trova nell’intervallo tra -3° e +8.8°, per le api la situazione è ottimale: si tratta dell’intervallo di temperatura che minimizza il consumo di cibo. Oscillazioni entro questo intervallo non forzano le api a riscaldare in eccesso: la temperatura al centro del glomere praticamente non viene adattata, e la quantità di energia erogata in media da ciascuna ape rimane costante (tra 0.0006 e 0.0008 Watt per ape). Quando la temperatura scende sotto -3°, le api iniziano a scaldare al centro. Le famiglie piccole scaldano molto, quelle più grandi meno (quindi: siccome scaldare richiede energia, le famiglie piccole consumano relativamente più miele di quelle grandi). Passando da -3° a -15°, il calore prodotto da una colonia cresce del 260%, mentre il calore prodotto da ciascuna ape passa da 0.0006 a 0.0011 Watt.

Lo strato isolante del glomere è più spesso e più compatto in basso che non in alto: il calore, infatti, sale. Corrispondentemente, i flussi di calore sono molto più stabili verso l’alto che non verso il basso.

L’immagine seguente mostra la distribuzione di calore del telaino centrale del glomere, in forma di immagine termica e di grafico delle temperature corrispondenti alle due linee A e B sull’immagine termica presa quando la temperatura esterna era -2°. Al centro le temperature erano attorno ai 27°, nel punto più freddo alla periferia erano 13°.

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Per quanto riguarda le singole api: quando le temperature esterne sono tra -1° e -13°, la regione più calda è solitamente quella toracica, anche se a volte la temperatura della testa supera quella del torace. Quando la temperatura esterna scende, le api alla periferia del glomere si scaldano; quelle più esposte al freddo, cioè quelle in basso, scaldano maggiormente. Quando la temperatura esterna scenda da -1° a -21°, la temperatura del torace delle api in basso aumenta di 3° in media, la temperatura della testa aumenta di 2.6° e quella dell’addome  di 2.4°; le api in alto, che ricevono il calore residuo del centro, scaldano solo di 1.5° il torace, di 0.6 la testa e di 0.9 l’addome. Le api in basso raggiungono una temperatura massima di 27° in corrispondenza di una temperatura esterna a -13°.

Non tutte le api scaldano in contemporanea, però. Una certa proporzione di esse rimane passiva, vicine o addirittura al di sotto della soglia del coma termico. Tuttavia quando diminuisce la temperatura esterna e sempre più api della periferia del glomere iniziano a scaldare, la proporzione di api al di sotto della soglia del coma termico diminuisce: mentre a -1° più della metà delle api sono al di sotto del coma termico (52% ± 5%), quando la temperatura  scende a -13° la percentuale di api inattive scende al 45%±4%, e quando la temperatura esterna raggiunge -21° la proporzione di api inattive scende a 32% ± 3%. Naturalmente quando la temperatura delle api scende al di sotto del limite del coma termico le api sono incapaci di fare alcunché, neppure di iniziare a riscaldarsi autonomamente, e non possono restare in quella condizione più di qualche giorno. Tuttavia tornano attive se vengono riscaldate da una loro vicina, solitamente un’ape uscita in periferia dal caldo centro.

La trasmissione di calore all’interno del glomere avviene in parte per trasmissione diretta di calore da un’ape all’altra, in parte tramite la circolazione convettiva di aria. La dispersione verso l’esterno dipende dalla radiazione termica e ancora dalla convezione. Le api sono dunque confrontate a un problema: per garantire la massima isolazione dovrebbero stare ferme e compatte nel guscio esterno del glomere; ma in tal caso le api periferiche non potranno ricevere il calore dall’interno. La termoregolazione avviene dunque in modo efficiente non solo evitando la dispersione di calore ma anche grazie al fatto che una parte delle api lascia scendere il proprio metabolismo al di sotto del coma termico, mentre un’altra parte delle api scalda attivamenente.

 

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Nota sui diritti / reproduction rights

La figura è riprodotta per gentile concessione dell’editore Springer. È originariamente apparsa in E. K. Eskov e V.A. Toboev, Seasonal Dynamics of Thermal Processes in Aggregations of Wintering Honey Bees (Apis mellifera, Hymenoptera, Apidae, Entomological Review, 2011, Vol. 91, No. 3, pp. 354–359). Ogni ulteriore riproduzione è proibita.
The figure is republished with kind permission of Springer; they originally appeared in E. K. Eskov e V.A. Toboev, Seasonal Dynamics of Thermal Processes in Aggregations of Wintering Honey Bees (Apis mellifera, Hymenoptera, Apidae, Entomological Review, 2011, Vol. 91, No. 3, pp. 354–359. Further reproduction is prohibited.

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