Studio termometrico sul comportamento del glomere

Studio termometrico sul comportamento del glomere

Uno degli studi più completi sul comportamento dei glomeri di api in inverno basato sull’uso di termometri è stato condotto da C. D. Owen, e pubblicato nel 1971 col titolo The thermology of wintering honey bee colonies (technical bulletin n° 1429, Agricultural Research Service, U.S. Dept of agriculture).

Lo studio è stato condotto a Madison, nel Wisconsin, dove le temperature medie registrate nei 5 anni in cui è stato condotto lo studio sono state:

dicembre: media -4.5°C, con massima a 4.5°C e minima a -14°C;

gennaio: media-6.8°, massima 4°C e minima a -21°C

febbraio: media -4.1, massima a 4°C, minima a -12°C

marzo: media -1.1, massima a 8.9 e minima a -11°.

Lo studio è stato effettuato introducendo una griglia molto fitta di termocoppie tra i telaini (18 sensori per riga, 12 righe per telaino) in arnie Langstroth e registrando separatamente i risultati, in modo da poter mappare il posizionamento del glomere in base alla temperatura. Naturalmente occorreva dapprima verificare che la posizione del glomere si riflette nella temperatura. Il primo anno è dunque stata preparata un’arnia inserendo le termocoppie come descritto, osservandone l’evoluzione e a un certo punto (quando la temperatura esterna era pari a -14°C) gassando la colonia col cianuro per determinarne la morte immediata in modo da poter aprire e verificare a cosa corrispondessero le temperature.

Il grafico seguente rappresenta i risultati, riportati in °F (per semplificare la lettura, sono riportati solo i dati di sensori alternati):

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La parte entro la linea contuna aveva covata; le temperature vanno da un minimo di 80°F (= 26.7°C) a massime, molto più frequenti, di 93-94°F (= 33.5 – 34.5°C). La linea tratteggiata rappresenta il confine del glomere, che corrisponde grossomodo a un’isoterma di 6.6°C.

Più in dettaglio, la figura seguente rappresenta i vari stadi della covata racchiusi nella linea continua della figura precedente:

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Nella zona centrale ci sono uova e piccole larve; la temperatura è tra 33.5 e 34.5°C. A temperature appena un po’ più basse (32.7 – 33.5) ci sono celle opercolate. Sul telaino di fronte la covata è racchiusa in un’area più grande (quella racchiusa dall’ovale tratteggiato) una mescolanza di uova, larve e pupe, ad una temperatura che spazia dai 30°C in su, con solo il lato in basso a sinistra tra 27 e 30°. Dunque, dove entrambe le facce dei telaini attorno alle termocoppie erano occupate da covata la temperatura era tra 33.3 e 34.5, mentre dove un solo lato aveva covata la temperatura era tra 29.5 e 33.3, con l’eccezione di piccole aree fino a 27.

Per quanto riguarda la parte periferica del glomere: nello stato più esterno, le api avevano tutte la testa rivolta verso il centro e la loro temperatura addominale era di 6.6°. Immediatamente dopo di loro, andando verso il centro, c’era lo strato più denso di api, la cui temperatura era attorno ai 13°C. Queste api occupavano tutte le celle vuote, ed erano strettamente impacchettate in tutti gli spazi vuoti. A partire da questa configurazione, l’autore definisce le isoterme che rappresentano l’esterno del glomere (a 44°F = 6.6°C), la parte con covata (a 92°F = 33.3°C), e due isoterme intermedie (a 60°F = 15.5°C e 76°F = 24.4°C) per dare una rappresentazione grafica della forma e della posizione del glomere.

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Non riporteremo tutte le rappresentazioni grafiche, che possono essere visualizzate nell’articolo originale, ma solo le conclusioni dell’autore. Comunque qui riprendiamo un esempio, relativo agli spostamenti del glomere nel corso della stagione.

La prima colonna offre una sezione dell’arnia ripresa dal fianco (sul lato sinistro si nota il predellino di volo), in corrispondenza dell’interspazio 6, a circa 3.5 cm a ovest del centro. Le 2 linee orizzontali rappresentano la linea di unione tra i 3 piani di cui sono formate le arnie.

La seconda colonna offre  una visione dal retro, con una sezione verticale, presa a circa 25 cm dal lato frontale dell’arnia.

Le immagini mostrano come da dicembre a febbraio in questa colonia non fosse presente covata (la linea a 92°F = 33.3°C compare solo a marzo), come il glomere abbia raggiunto la sua dimensione minima a dicembre e si sia ingrandito notevolmente a gennaio.

Lo studio è stato condotto considerando tre tipi di arnie. Una normale Langstroth a tre corpi di altezza da 16.8 cm; una Langstroth uguale alla prima, ma convenientemente isolata dall’esterno; e una terza Langstroth riscaldata all’interno tramite un nastro elettrico che mantiene la temperatura ambiente interna a 40°F = 4.4°C.

Il posizionamento del glomere

Le arnie sono tutte rivolte a sud, e il glomere ha tendenza a piazzarsi verso l’apertura e leggermente sul lato destro, in modo da poter approfittare del calore del sole pomeridiano. Nell’arnia non isolata le api tendono a sistemarsi un po’ più lontano dall’apertura rispetto alle altre due tipologie. Confrontando la distanza tra gli isotermi a 44° (cioè il confine del glomere) e a 60°F nei vari tipi di arnia, si nota che in quella non isolata le linee sono molto più vicine, ad indicare che il glomere è più compatto. L’isolazione invece non è rilevante per il posizionamento del glomere.

Effetto della temperatura ambiente

Nelle colonie non isolate, i cambiamenti nella temperatura ambiente hanno avuto effetti più evidenti che non sulle altre colonie. Con temperature esterne al di sopra di -4°C, al sorgere del sole il glomere tende a spostarsi verso il fronte dell’arnia. Al di sotto di questa temperatura, non si spostano: al di sotto, la perdita di calore dell’arnia è superiore al guadagno di calore dato dai raggi solari. Il calo delle temperatura determina una maggiore concentrazione di api nella fascia periferica (tra 44°F e 76°F, cioè tra 6.6°C e 24.4°C), per compattare il glomere e isolare maggiormente. Le colonie grandi  cambiano posizione più facilmente di quelle piccole.

Nelle colonie con isolazione, la temperatura immediatamente all’esterno del glomere è stata mediamente di  3.8°C più alta  rispetto a quella delle colonie non isolate (per un risultato simile, vedi effetto di uno strato isolante sulle temperature interne all’arnia). L’isoterma a 24° è molto ampia. I cambiamenti nella temperatura esterna si riflettono sulla temperatura interna solo con un  ritardo di 6-8 ore, e le variazioni nella posizione del glomere sono minori rispetto alle arnie non isolate; tuttavia la variazione di volume del manto periferico del glomere è maggiore rispetto alle arnie non isolate: questo perché a temperature esterne relativamente alte lo strato periferico del glomere è abbastanza rilassato, mentre quello delle arnie non isolate è già abbastanza compatto. Queste ultime dunque si restringono relativamente poco, mentre i glomeri delle arnie isolate si compattano maggiormente. All’interno dell’isoterma di 24°C, però, il volume cambia poco.

Le colonie riscaldate hanno il volume racchiuso nell’isoterma di 24° ancora più ampio, e anchera minori reazioni alle variazioni della temperatura esterna: la superficie esterna cambia di poco, mentre il volume dell’isoterma a 24° praticamente rimane inalterato, anche a temperature esterne di -17°C. Anzi, le temperature elevate nell’arnia permettono alle api di muoversi quando ne sentono il bisogno (per esempio, per andare a prendere miele), mentre nelle arnie isolate e a maggior ragione in quelle non isolate le api devono aspettare un rialzo della temperatura esterna per potersi spostare.

Per variazioni della temperatura esterna tra 0°F (=-17.8°C) e 40°F (+4.4°C) le variazioni di volume complessivo del glomere possono essere espresse tramite le seguenti equazioni (dove x rappresenta la temperatura in °F):

arnie non isolate:  8.14x + 98.7

arnie isolate :    10.59x + 178.4

arnie riscaldate:  6.42x + 343.7

Le arnie con maggiore reazione al cambiamento di temperatura esterna sono quelle isolate (10.59), seguite da quelle non isolate (8.14), mentre quelle riscaldate variano di poco (6.42). Le arnie riscaldate hanno anche un notevole volume fisso (343.7), mentre quelle non isolate hanno il volume fisso molto minore (98.7).

L’evoluzione della popolazione di api

Il volume del glomere può essere preso come indicatore del numero di api presenti, in particolare il volume all’interno dell’isoterma a 15.5°. La presenza di covata è misurata dall’apparire di temperature sopra 33°, e quindi l’estensione della covata è misurata dal volume dell’isoterma a 92°F (33.3°C). Il grafico seguente riporta l’estensione del volume raccolto entro gli isotermi a 60°F (15.5°C) e 92°F per le tre tipologie di arnie, media su tutti gli anni dell’esperimento (linea continua: casse non isolate; linea tratteggiata: casse isolate; linea puntinata: arnie riscaldate):

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Il grafico mostra che, con qualche fluttuazione di cui non si sa spiegare l’origine, il volume di api diminuisce da novembre a metà gennaio, quando ricomincia la covata. Le arnie riscaldate mantengono una popolazione più alta delle altre entro l’isoterma a 15.5°fino a metà febbraio, quando le arnie isolate diventano più numerose. La covata è nettamente maggiore nelle arnie isolate e riscaldate rispetto alle arnie non isolate, che tuttavia si riprendono alla fine di aprile, in tempo per il principale flusso nettarifero.

La temperatura massima al centro del glomere

La temperatura al centro del glomere varia nel corso della stagione; è più bassa in autunno, poi cresce durante l’inverno. La temperatura minima registrata è stata 82°F (=27.8°C).

La tabella seguente riporta le temperature massime registrate per ogni tipo di arnia, da novembre a metà aprile. La seconda colonna riporta la temperatura ambiente; le due colonne successive riguardano l’arnia non isolata, dati su 176 termocoppie: la temperatura massima in °F, e il numero di termocoppie con temperature pari o superiori a 92°F (33,3°C), che in pratica indicano la presenza e l’estensione della covata oppure, come nel caso di inizio dicembre, periodi inusualmente caldi. Le due colonne successive riportano i dati per le arnie isolate, con le loro 112 termocoppie; e le ultime due colonne riguardano le arnie riscaldate (176 termocoppie):

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Forme anomale del glomere

Solitamente il glomere ha forma elissoidale. Spesso si sono registrati movimenti laterali, probabilmente mentre le api andavano a recuperare miele su altri telaini.

Occasionalmente si possono osservare forme strane, come quella illustrata in immagine. Si riferisce a una delle colonie riscaldate: grazie al calore artificiale, anche con temperature esterne a 24°F (-4.4°C) hanno potuto dividersi separando due centri di calore all’interno della medesima periferia del glomere, probabilmente per risistemare le scorte. Dopo pochi giorni sono tornate a riunirsi

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Studi sulla refrigerazione di colonie

Per verificare cosa succede quando le temperature scendono oltre i normali estremi del Michigan, Owen ha predisposto un impianto refrigeratore in grado di mantenere la temperatura fino a -45°F (=-42.7°C), garantendo il ricambio dell’arnia.

Un primo test è consistito nel refrigerare un’arnia isolata e una riscaldata,  entrambe abitate da api invernali, mantenendole per qualche tempo a -9.5°C di giorno e -20.5°C di notte. Dopo 4 giorni le api si sono raggruppate in glomere, e dopo 15 giorni si sono spostare tutte nellos comparto più in alto. Quando la temperatura è stata portata a -40°C costanti per 48 ore, si è osservato che l’isolazione non ha impedito al freddo di entrare nell’arnia, ma ne ha comunque ritardato l’avvento. Dopo 74 giorni a una media di temperatura di -19.6°, il nucleo rimasto era molto piccolo e infetto di nosema. Dopo qualche tempo all’arnia riscaldata è stato tolto il riscaldamento, e in breve il glomere si è rimpicciolito parecchio; dopo 106 giorni a una media di -19°C, anch’essa era pesantemente infetta di nosema.

L’anno successivo si è ripetuto il medesimo esperimento con una colonia non isolata, tenuta a una media di -24.2°C con oscillazioni tra -6°C e -28°C durnte il giorno e -19°C e -42.7°C di notte, salvo un periodo di due giorni con temperatura costante a -45.5°C. Tuttavia il termostato doveva avere qualche problema, perché la temperatura minima registrata nell’arnia era di -48°. In questo periodo le api sono riuscite a mantenere 29.5°C al centro del glomere, quando appena fuori dallo strato esterno del glomere la temperatura era di -17.7°C e a 33 cm dal centro la temperatura era di -48°C: una differenza di 77°C! La figura seguente illustra le isoterme del glomere e della temperatura circostante a 2, 8 e 20 ore dall’inizio della refrigerazione a -48°C.

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Un secondo esperimento è stato effettuato su un’arnia isolata e munita di riscaldamento, con l’intenzione di misurare come improvvisi riscaldamenti dell’arnia influenzassero temperatura e struttura del glomere, anche per dare alle api la possibilità di muoversi di tanto in tanto per portare miele al glomere. Le api sono state trasferite nel refrigeratore dopo 2 mesi di inattività invernale, per altre 18 settimane, fino al 24 maggio. La temperatura media è stata di -25.8°C, con oscillazioni tra -0.5°C e -32.3°C. Il riscaldamento è stato attivato 5 volte nel corso delle 18 settimane per due giorni. Non sembrerebbe che le api si siano spostare per recuperare cibo, si sono limitate a rilassare il glomere. In due occasioni, il centro del glomere si è riscaldato fino a oltre 33°C. Alla fine la colonia è morta, non tanto per l’effetto diretto del freddo quanto per fame e per l’impossibilità di rimpiazzare le api invernali con nuova covata.

Il terzo esperimento era volto a verificare se le api possano sopportare il clima più freddo degli Stati Uniti, quello di International Falls nel Minnesota. Una colonia non isolata è sopravvissuta per 18 settimane a una temperatura media di -14.5°, con temperatura massima a +0.5° e minima a -31.6, cambiano frequentemente per simulare le fluttuazioni reali. Una colonia isolata è sopravvissuta per 26 settimane a una media di -13.5; anche in questo caso, verso la fine dell’esperimento la mancanza di polline e miele ha danneggiato la colonia più di quanto non abbiano fatto le temperature rigide. Il confronto tra i volumi dei due glomeri rivela che quello dell’arnia non isolata a -17.8°C era il 30% di quello della colonia isolata, mentre la temperatura media della colonia non isolata era del 25-45% più bassa rispetto a quella isolata. Di nuovo, l’arnia isolata reagiva meno prontamente di quella non isolata a variazioni delle temperature esterne: in pratica, era più sensibile alle temperature medie che non a quelle istantanee, ma aveva più elasticità nel  manto periferico del glomere e poteva dunque adattarsi meglio, con fluttuazioni più ampie di volume. L’arnia non isolata non ha prodotto temperature tali da indicare la presenza di covata; la colonia isolata, invece, ha iniziato a produrre alte temperature il 3 febbraio. In seguito vi sono state ampie oscillazioni nella dimensione del glomere, caratterizzate da crescite veloci e diminuzioni lente, che suggeriscono la presenza di covata, deposta a balzi. E questo nonostante il fatto che quell’arnia non fosse mai stata a temperature superiori a 3.3°C, bastava che avesse sufficiente polline a disposizione.

Le api sono dunque in grado di poter non solo sopravvivere anche a climi seriamente freddi per settimane, seppure più facilmente in arnie isolate che non in una semplice arnia di legno, ma sono anche in grado di allevare covata purché dispongano di polline e miele.

Per un altro studio condotto da Southwick su temperature ancora più estreme, vedi l’articolo Api a temperature invernali estreme.

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Grafici e tabelle sono tratti da C. D. Owen, The thermology of wintering honey bee colonies, Technical bulletin n° 1429, Agricultural Research Service, U.S. Dept of agriculture, 1971.

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